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Il TERRITORIO

CESI

Il centro, il cui nome tradisce l’originaria vocazione silvo-pastorale (“zone di cese-terreni disboscati”), è documentato almeno dal 1087. La Chiesa di S. Callisto conserva affreschi databili tra il XV e il XVI secolo insieme ad opere lignee del tardo-barocco. Sulla facciata di una casa è inserita invece una testimonianza relativa all’epoca romana: un’epigrafe funeraria databile tra la fine del I sec. a.C. e gli inizi del I sec. d.C.
All’incrocio per Visso e Popola un cippo della “Brigata Garibaldi” ricorda i partigiani assassinati il 14 marzo 1944. 

COLFIORITO

Colfiorito sorge a 760 metri sul livello del mare su un altopiano di origine carsico-paludosa. Dei sette altipiani che circondano Colfiorito (Altipiani di Colfiorito), che derivano dal prosciugamento di laghi, solo uno ospita ancora una palude in cui si possono incontrare specie rare di animali.

Il paese è il maggiore del vasto altopiano, di circa 300 ha, in cui si trova, ad una altitudine di 781 m s.l.m., lungo la Strada statale 77 della Val di Chienti che congiunge Foligno a Civitanova Marche; parte dell’altopiano ricade nel territorio del comune di Serravalle di Chienti, in provincia di Macerata. L’altopiano carsico deriva dal prosciugamento di sette conche lacustri, di cui rimane solo la palude. Colfiorito, secondo i dati Istat del censimento 2001, conta circa 400 residenti.

STORIA

Il castelliere di monte Croce di Cassicchio.

Ai piedi del monte Orve, vicino all’attuale cimitero di Colfiorito, si trovano 250 tombe ad inumazione, corredate di ceramiche, armi in ferro, ed oggetti ornamentali, alcuni risalenti al X secolo a.C. Poco lontano si trovano resti di un villaggio dell’età del ferro (IX secolo a.C.).

Già durante il periodo romano, nel 178 a.C., l’abitato era municipio col nome di Plestia o Plestina. Scavi archeologici hanno messo alla luce resti di manufatti tardo-repubblicani, quali un foro, un tempio e altri edifici con pavimenti a mosaico e portici. Nel V secolo la città era sede di diocesi e tuttora è sede titolare. Nel X secolo, dopo l’abbandono della città di Plestia, nel sito venne ricostruita la chiesa cattedrale di Santa Maria, a testimonianza dell’importanza dell’area, strategico nodo di comunicazione tra l’Umbria e le regioni adriatiche, mentre l’abitato si stabilì sulla balza detta “Pizzale”.

A partire dal XII secolo l’area in pianura si spopola e si ricostituisce attorno agli antichi castellieri, piccoli insediamenti fortificati pre-romani costruiti in cima ai colli circostanti (Annifo, Lignano, Popola). Nel 1269 il comune di Foligno costruì il castello, che assunse notevole importanza civile e militare.

Prima e durante la seconda guerra mondiale, Colfiorito ha ospitato un campo di prigionia fascista.

ECONOMIA E MANIFESTAZIONI

Storicamente, l’altopiano è noto per la coltivazione della patata rossa e delle lenticchie, che vengono vendute direttamente anche dai piccoli produttori, costantemente presenti lungo la strada statale 77. Rilevante la presenza di allevatori e di aziende per la produzione di latticini. Di una certa importanza anche il settore alberghiero e della ristorazione.

Dal 1995, notevole impulso è stato dato al turismo ambientale con l’istituzione di un parco naturale regionale. La palude di Colfiorito ne è la parte più significativa: tondeggiante, con superficie di circa 100 ha, coperta da una fitta vegetazione acquatica. La palude è protetta internazionalmente dalla convenzione di Ramsar (dal 1976), per la presenza di una torbiera, la ricchezza di specie vegetali e per l’avifauna (da citare il tarabuso).

Durante l’estate, la Sagra della Patata Rossa attira numerosi turisti e buongustai da Umbria e Marche.

Il Venerdì Santo si svolge una processione del Cristo Morto, molto suggestiva e di antica tradizione. Sempre al periodo di Quaresima appartiene un popolare canto della Passione, che un gruppo di cantori spontaneamente aggregati proponeva nelle strade del paese o delle località limitrofe, fino agli anni ’60, oggi solo su invito.

MONUMENTI E LUOGHI DI INTERESSE

  • Chiesa di Santa Maria di Pistia (o di Plestia), (V secolo), già cattedrale, è una basilica paleocristiana in stile proto-romanico e santuario di “confine”, in prossimità dell’abitato di Colfiorito.
  • Castello di Colfiorito (1269).
  • Castelliere del monte Orve.
  • Molinaccio, presso Forcatura, resti di un antico molino alimentato dall’acque palustri che confluiscono in un inghiottitoio naturale.
  • Botte dei Varano, collettore per il drenaggio delle acque dell’altipiano, costruito alla fine del Quattrocento, in cui ne è visibile anche un altro di epoca romana.
  • Museo archeologico “Umbri Plestini”
  • Museo naturalistico del Parco di Colfiorito, che comprende anche una sezione dedicata all’Antartide.

SERRAVALLE DI CHIENTI

Serravalle di Chienti è un comune italiano di 1 009 abitanti[della provincia di Macerata.

GEOGRAFIA FISICA

Serravalle di Chienti è un comune italiano di montagna dell’Alto Maceratese. Il suo vasto territorio è in gran parte montuoso e ricoperto di boschi e di pascoli. Le aree coltivabili, ad eccezione dell’altopiano di Colfiorito sono scarse e poco produttive. Il capoluogo è attraversato dal fiume Chienti.

L’intero territorio del comune di Serravalle di Chienti è disseminato da numerosissime fonti naturali utilizzate fin dall’antichità per l’abbeveramento del bestiame da pascolo, oggi mete di altrettanti possibili itinerari per escursioni a piedi, a cavallo o in mountain bike.

Le fonti di Serravalle di Chienti: Fonte di Brogliano, Fonte Cagnolo, Fonte Casco, Fonte della Rocca di sopra, Fonte della Rocca di sotto, Fonte Valzacchera, Fonte delle Mattinate, Fonte li Coi, Fonte di Capriglia, Fonte della Romita, Fonte Minutella, Fonte Liquida, Fonte Salegri, Fonte Forno, Fonte della Mula, Fonte della Scarsa, Fonte Lailla, Fonte Pampanoni, Fonte capo Fossa, Fonte Formaccia, Fonte Vecchia, Fonte del Colle, Fonte Scentelle, la Fontanaccia, Fonte Sbrocconare, Fontanelle, Fonte di Sotto, Fonte Vecchia, la Verna, Fonte Corvigione, Fonte delle Tassete, Fonte Prata basse, Fonte delle Fàore, Fonte Sambuco, Fonte Riale, Fontuccia di Camporlo.

STORIA

Il territorio del comune di Serravalle è stato teatro di vicende umane fin dal Paleolitico. Presso la sede comunale di Serravalle di Chienti è possibile visitare infatti il laboratorio di restauro – Museo Paleo-Archeologico, gestito dal Comune, dall’Associazione Pro Loco e dai ricercatori dell’Università di Camerino, dipartimento di Scienze della Terra. Il Museo espone parte dei ritrovamenti fossiliferi risalenti al Pleistocene Inferiore e Medio provenienti dagli scavi effettuati nelle frazioni di Colle Curti e Cesi. Le ricerche ebbero inizio nel 1988, quando alcuni ricercatori dei Dipartimenti di Scienze della Terra e dei Musei di Storia Naturale dell’Università di Firenze e di Camerino, in collaborazione con la Soprintendenza Archeologica delle Marche, scoprirono una serie di manifestazioni fossilifere di superficie; in quegli anni si decise di dare priorità alle zone che avevano restituito maggiori risultati: tra cui appunto Colle Curti (il cui scavo, dal 1987 è andato avanti per circa 5 anni) e Cesi (i cui scavi ebbero inizio nel 1993).

A Colle Curti sono stati trovati resti di: – ippopotamo (Hyppopotomu antiquus) che è l’animale che ha lasciato più tracce del suo passaggio, ed è molto simile all’ippopotamo attuale(Hyppopotomu amphibius); – rinoceronte-elefante di origine africana che raggiunse l’Europa verso i 2,5 milioni di anni fa e possedeva una volta cranica molto sviluppata e zanne molto ricurve; – cervo di media taglia imparentato con il daino attuale, pur non essendo un suo antenato diretto, e di grande taglia, che ci testimonia la discesa in Europa di animali adatti a climi relativamente più freddi, visto che è una specie di origine asiatica; – cane di taglia minore, simile agli sciacalli attuali, con cui è imparentato; – cane dalla struttura robusta, simile a quella di un lupo; – ORSO di taglia più piccola rispetto all’orso bruno attuale; – ienide; – roditore; – antilope.

Il bacino di Cesi è, invece, costituito da una successione sedimentaria meno spessa, ma anch’essa di ambiente lacustre. Il livello fossilifero ha prodotto un’associazione faunistica di elefanti, rinoceronti, equidi, ippopotami, daini, cervi, bisonti ed una tigre dai denti a sciabola. Per quanto riguarda la datazione l’associazione più evoluta risulta essere quella di Cesi è può essere datata circa 700.000 anni fa, mentre i ritrovamenti di Colle Curti indicano un’età di circa 900.000 anni. Il Museo è aperto sabato, domenica e festivi dalle 10:30 alle 12:30, tutti i giorni a richiesta contattando l’Associazione Pro Loco di Serravalle di Chienti; l’ingresso è gratuito. Con la comparsa dei primi ominidi, l’altopiano rappresentò ben presto un punto nodale degli itinerari transappenninici e un’area privilegiata di rifugio per insediamenti stabili o stagionali.

Testimonianza importante per quel che concerne queste frequentazioni antropiche sono i numerosi manufatti litici in selce, le decine di schegge e frammenti silicei, carboni, millimetrici noduli di ocra, denti e frammenti ossei di vertebrati, tutti provenienti dai livelli di granulometria più sottile della sequenza deposizionale trovata a Fonte delle Mattinate (Serravalle di Chienti) e databile al Paleolitico superiore, 45 e 30 mila anni fa. Questi reperti sono stati trovati durante la realizzazione di una galleria di drenaggio, indispensabile ad evitare il totale impaludamento della piana di Colfiorito , che ha intercettato a nord una galleria di epoca romana avente la stessa funzione, mentre a sud le sezioni artificiali hanno tagliato un’articolata sequenza deposizionale contenente livelli di frequentazione paleolitica.

Nonostante i materiali raccolti dalle sezioni e dai saggi siano rappresentati per lo più da scarti di lavorazione e da sporadiche presenze di nuclei e pezzi ritoccati (grattatoi), il loro stato di conservazione è ottimo, soprattutto per i reperti litici visibili sulle sezioni. Gli strumenti costituiscono circa il 7% dell’insieme litico e contano in totale 25 esemplari. Si sono rinvenute anche presenze di focolari residui che, insieme agli altri rinvenimenti sopra nominati, hanno contribuito a contestualizzare il sito in tre fasi di occupazione da parte di cacciatori-raccoglitori del gravettiano-epigravettiano (Paleolitico superiore), probabilmente intorno a 24.000 anni fa.

Le tracce lasciate dai frequentatori dell’area indicano che stagionalmente il luogo doveva essere praticabile benché umido e inserito in un contesto climatico freddo, in quanto ricco di selvaggina e altre risorse alimentari, nonché di sostanze coloranti come l’ocra. Inoltre il sito possedeva tutti i caratteri di una zona di confine e di passaggio, situata in prossimità dello spartiacque appenninico posto al margine di un’area umida, piana e depressa, ma da cui potevano facilmente essere raggiunte le circostanti zone rilevate. L’inizio dell’età dei metalli è attestato grazie al rinvenimento sporadico del ripostiglio composto da 18 asce di bronzo, rinvenute ai piedi della parte occidentale del Monte Trella.

Oggi conservate al Museo Archeologico di Perugia, furono trovate sul tracciato viario di vitale importanza, noto come via della Spina, usato fino in età moderna come via di transumanza. Le asce sono a margini rialzati, databili all’età del bronzo iniziale (XIX – XVII secolo a.C.) e appartenenti ad una facies culturale propria dell’Italia Centrale tirrenica con espansione verso l’Umbria. Dalla sommità di M. Prefoglio, presso la frazione Taverne, provengono anche dei frammenti ceramici datati all’età del bronzo finale, dove probabilmente deve identificarsi un luogo di culto.

Mancano attualmente attestazioni dirette dell’altopiano Plestino dell’età del bronzo recente, anche se i complessi rinvenuti in aree limitrofe, strettamente collegati con l’area Plestina, (gli insediamenti dell’età del bronzo medio e recente di Pieve Torina e Piani di Sorifa, M. Primo di Pioraco) fanno ritenere che tale assenza sia probabilmente casuale.

Le ricerche archeologiche topografiche, condotte su tutto il bacino Plestino, hanno comunque permesso di ricostruire l’aspetto del territorio antico a partire dagli inizi dell’età del ferro (fine X-inizi IX secolo a.C.), quando è attestata una presenza umana stabile e continua. Questa è rilevabile da resti di villaggi e di capanne identificati ed in parte esplorati, dislocati lungo la sponda sud-occidentale del (prosciugato) Lago Plestino secondo un modello insediativo già riconosciuto in altre località dell’Italia Centrale come la Conca del Velino.

I siti individuati al momento sono tre: il primo intorno alla località La Capannaccia (dove in età arcaica si svilupperà il santuario della dea Cupra), che ha restituito frammenti di ceramica di impasto databili dal IX al VII secolo a.C.; il secondo presso l’area della città romana di Plestia è stato oggetto di ricerche condotte da D. Lollini (1967) e da L. Bonomi Ponzi (1986-89), che hanno permesso l’individuazione di resti fondi capanna a pianta subcircolare con intelaiatura di pali e focolare, che furono abbandonate già all’inizio del VI secolo a.C., questo insediamento e quello precedente sono delimitati da un fosso che scorre verso est; il terzo sito nei pressi della Fonte Formaccia, vicino Taverne che ha restituito prevalentemente olle a fondo piano, orlo svasato e labbro ingrossato.

Probabilmente queste capanne erano relative a gruppi di capanne aventi una struttura sociale parentale. Sono tutte situate in punti nodali, fondamentali per un’economia di scambio. Di rilevante interesse la necropoli di Taverne di Serravalle, ancora non indagata in modo estensivo, che doveva essere in relazione con l’abitato protostorico di Fonte Formaccia e di Colfiorito. Ad oggi, sono state portate alla luce solo 2 tombe di fase orientalizzante esposte al Museo archeologico nazionale di Ancona.

Ben più note restano le frequentazioni antropiche per la “fase romana”, visti anche gli studi effettuati per l’altopiano plestino a cui Serravalle è strettamente legata. A tal proposito va ricordato quando nel 1998, nel corso della realizzazione di una nuova galleria di convogliamento delle acque della piana di Colfiorito nel Fiume Chienti, resa necessaria per la parziale ostruzione, a causa del sisma del 1997, della rinascimentale “Botte di Varano”, fu individuata un’opera analoga di età romana. Il manufatto, lungo almeno 1 km, con imbocco su margine NO della piana di Colfiorito, fino a sboccare nel tratto iniziale del fiume Chienti, è realizzato quasi totalmente in galleria con blocchi e conci di travertino spugnoso, messi in opera a secco e accuratamente squadrati rappresenta un unicum in tutta la regione marche.

L’opera di bonifica della Paludem, iniziata dai Romani, fu portata a compimento dai Varano di Camerino nel 1464. In questo periodo Serravalle di Chienti fu, assieme a Esanatoglia, Gagliole e Fiordimonte, una delle quattro fortezze poste a difesa della signoria camerte